I Borboni a Napoli

Entrata di Carlo a Napoli

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Carlo III

Nel 1734 il diciassettenne Carlo di Borbone, già a capo del Granducato di Toscana e di Parma, aveva radunato un esercito di 16000 fanti e 5000 cavalieri per muovere alla volta di Napoli e il 10 maggio era entrato in Città tra il tripudio di una folla festosa e le acclamazioni del popolo. Le cronache riportano che, al suo passaggio, Carlo facesse cadere sulla popolazione monete d'oro e d'argento. Gli Eletti della Città, vista la conferma dei loro privilegi, lo omaggiano con un dono di un milione di ducati. Il nuovo Re assume il nome di Carlo III e si sceglie dei validi collaboratori, tra i quali spicca, eminente, la figura del Marchese Bernardo Tanucci. Egli in breve tempo riesce a mettere ordine nella caotica situazione amministrativa del Regno, diventando praticamente il vero interprete del governo.

Adolescenza di Ferdinando e salita al trono

 

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Abdicazione di Carlo III

All'istruzione del nuovo re provvede il principe di San Nicandro, Domenico Cattaneo, individuo "ignorante, incapace, ipocrita, gretto e perfino vizioso" che non si occupa di istruirlo e prepararlo alla vita politica e civile e all'alto compito che lo attende come monarca, ma cura solo le apparenze senza "conferire al carattere del giovane affidatogli il senso della sua reale dignità". Ferdinando parla solo il dialetto napoletano, si diletta di caccia e pesca e ama in modo eccessivo il contatto con la plebe, favorendo così lo sviluppo di comportamenti rustici e volgari, che poco si adattano ad un re.

La morte prematura del fratello Ferdinando VI (1759), costringe Carlo a tornare in Spagna. Una giunta di magistrati, dignitari e medici, opportunamente costituita, stabilisce che il principe ereditario Filippo non può succedere al padre per le precarie condizioni di salute e l'incapacità a governare. E poiché il secondogenito Carlo Antonio è destinato al retaggio spagnolo, al trono di Napoli sale il terzo maschio di Carlo, Ferdinando, di appena 8 anni. A Bernardo Tanucci è trasferita la reggenza: egli si occuperà del governo fino alla maggiore età (16 anni) del futuro Re Ferdinando IV.

 

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Ferdinando a 9 anni

 

 

 

La storiografia e le biografie sono piene di aneddoti e di giudizi negativi sul suo comportamento. Durante la minore età Ferdinando non partecipa ad alcuna attività di governo, che rimane sempre nelle mani di Tanucci. Persino il 12 gennaio 1767, quando Ferdinando raggiunge la maggiore età e tutti i diritti per governare, egli "affida il suo timbro al Tanucci per risparmiarsi la fatica di firmare i documenti, preferendo altri impegni più gai e dilettevoli".

Il matrimonio con Maria Carolina d'Austria

In quello stesso anno si concorda il suo fidanzamento con Maria Carolina, arciduchessa d'Austria. Il matrimonio viene celebrato l'anno successivo. La giovane regina rivela una personalità molto diversa da quella del suo sposo e appare subito autoritaria e dispotica. Alla regina poco piace seguire il consorte nei suoi passatempi preferiti, e non approva la sua scarsa partecipazione alla vita politica e culturale. Nel 1772 nasce la prima figlia, Maria Teresa, e da allora le nascite si susseguono con il ritmo di un figlio all'anno. Nel 1775, dopo la nascita dell'erede, Francesco, la regina chiede di poter esercitare il suo diritto di far parte del Consiglio di Stato, cosa poco gradita al Tanucci, il quale, dato il carattere di Maria Carolina, comprese che non sarebbero mancate discussioni e intromissioni negli affari di Stato.

Tanucci prosegue nella sua opera di rinnovamento, traendo ispirazione dagli studi di economisti e giuristi quali Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri e si accinge a dare un nuovo volto al Mezzogiorno. Nasce così a Napoli, nella seconda metà del settecento, una vera e propria generazione di intellettuali che si impegnano nel tentativo di "Riforma dello Stato", consentito tra l'altro dallo stesso Ferdinando di Borbone.

Istigato dalla regina, è proprio re Ferdinando a chiedere a Carlo III la destituzione del primo ministro. Il re Carlo "tentenna ad acconsentire non avendo nulla da rimproverare al fedele ministro, che anzi varie volte gli aveva chiesto di essere sostituito, essendo ormai anziano e stanco. L'imposizione di dimettersi è quindi per il marchese Tanucci una dura mortificazione, mentre Carlo III vede con dolore allontanarsi dal governo un suddito leale e capace."

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